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25 APRILE – LA FESTA DELLA LIBERAZIONE È LA FINE DI UN INCUBO
Cari amici e sostenitori come per la Giornata della Terra, anche per la ricorrenza del 25 Aprile riteniamo opportuno esprimere la nostra opinione in merito alla festa della liberazione dopo tanti articoli di giornale e dichiarazioni.
Intendiamo tornare indietro nel tempo, in un passato non molto lontano e riportare alla memoria un periodo storico assai travagliato per noi italiani.
Ripercorrendo mentalmente gli ultimi anni della seconda guerra mondiale, ritroviamo un paese sconvolto dai tragici episodi bellici.
Ricordare il 25 aprile 1945 significa rievocare la rinascita del popolo italiano dall’abisso di morte e distruzione in cui era stato trascinato dal totalitarismo instaurato da Mussolini nel ventennio precedente e dalla guerra di occupazione a fianco di Hitler.
In questa ricorrenza si celebra la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista e il trionfo della libertà. Per la nostra nazione il 25 aprile rappresenta quasi un secondo risorgimento.
Il 25 aprile è un simbolo di coraggio, speranza e unità
È un’occasione in cui si vuole onorare il sacrificio di decine di migliaia di uomini e donne che in quegli anni contribuirono alla lotta contro il nazifascismo sul nostro territorio.
La data si riferisce in particolare all’insurrezione armata della città di Milano: migliaia di partigiani combattenti presero il sopravvento sulle forze di occupazione tedesca costringendole alla resa.
Questo giorno di festa civile venne istituito nel 1948 da Alcide De Gasperi.
Il 25 aprile è una festa dagli aspetti ancor oggi controversi se si pensa all’eterogeneità delle correnti politiche che allora animarono la resistenza. Spesso si è fatto un uso politico di questi avvenimenti storici, facendone -purtroppo- una narrazione di parte.
Il 25 aprile rappresenta quel movimento di volontari di quasi tutti i colori che, grazie al contributo delle forze alleate, ha liberato l’Italia dal peso della dittatura e dall’occupazione nazifascista.
L’8 settembre: l’armistizio che divise l’Italia
Dopo la campagna militare d’Africa e dei Balcani, anche gli italiani scoprirono ben presto l’insensatezza e l’asprezza delle guerre di conquista che il regime fascista intraprese sulla falsariga di quelle condotte da Hitler.
A causa delle disfatte militari, i bombardamenti anglo-americani e la penuria di mezzi e cibo, l’insoddisfazione crebbe rapidamente.
L’arresto di Mussolini nel 25 luglio 1943 venne perciò accolto con sollievo, ma le tragiche conseguenze di un conflitto iniziato a fianco dei tedeschi non tardarono a concretizzarsi.
L’8 settembre venne diramata la notizia della resa incondizionata agli Alleati.
I reali d’Italia, che in quella data avevano firmato l’armistizio e destituito il Duce, fuggirono da Roma alla volta di Brindisi insieme al maresciallo Badoglio, capo del governo provvisorio.
L’assenza di ordini per le truppe italiane stanziate dentro e fuori i nostri confini, segnò il completo sfacelo delle nostre forze armate.
Nelle stesse ore, i tedeschi dislocati sul nostro territorio, occupavano la capitale. I fedeli di Mussolini riformarono il fascio nella Repubblica Sociale Italiana dopo che i nazisti accorsero in suo aiuto per liberarlo dalla prigionia.
Il paese era allo sbando.
Centinaia di migliaia di soldati italiani in tutt’Europa vennero catturati e deportati in Germania dai nazisti. Coloro che rifiutarono di consegnare le armi, vennero assassinati.
La nascita della resistenza: la riscossa nazionale
In questo scenario di totale incertezza, si fece strada quel movimento patriottico chiamato resistenza.
Era costituito da moltissimi volontari di diversa estrazione sociale, provenienza, sesso, età e orientamento politico e aveva come scopo quello di contrastare le forze nazifasciste lungo tutta la penisola.
Le cosiddette brigate partigiane si costituirono nella clandestinità. La lotta armata contro i tedeschi era impari e si svolse perciò in luoghi impervi, in montagna, in luoghi perlopiù lontani dai centri abitati.
Iniziava così la guerra civile italiana.
L’attività antifascista era inizialmente mal organizzata. Consisteva di azioni isolate, non coordinate tra loro, di sabotaggio o guerriglia, il cui unico effetto sembrava essere quello di innervosire il nemico.
Queste incursioni ebbero ripercussioni disastrose sul resto della popolazione civile, che fu oggetto di feroci repressioni da parte delle forze nemiche.
I rastrellamenti e le rappresaglie assunsero proporzioni sempre maggiori. Ricordiamo, a questo proposito, le efferate stragi di Marzabotto, quella di S.Anna di Stazzema ed infine l’eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma.
Tuttavia la resistenza italiana non si arrestò. La lotta partigiana intensificò la propria azione, si strutturò meglio, determinando una controffensiva molto più efficace.
Lo sbarco alleato in Sicilia diede nuovo vigore ai belligeranti nostrani. La popolazione attendeva con trepidazione l’aiuto degli americani. La loro avanzata lungo lo stivale però non fu affatto rapida, né indolore.
Furono mesi di grandi sofferenze
Il rapporto di collaborazione che si instaurò tra partigiani, Alleati e popolazione civile, ebbe ben presto l’effetto di indebolire l’apparato bellico nemico. Le forze anglo-americane riuscirono a sfondare dapprima la Linea Gustav e successivamente quella Gotica a distanza di quasi un anno e solo dopo ingenti perdite.
L’Italia era finalmente libera.
Pochi giorni dopo Mussolini venne catturato dai partigiani e fucilato sul lago di Como. Il 1° maggio gli Alleati entrarono a Milano e fu annunciata la vittoria.
Contro tutti gli estremismi non sia una festa di parte
Battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale. (Sandro Pertini)
Alla fine della guerra i vincitori risparmiarono all’Italia una pace punitiva, subita invece dalla Germania. Prese quindi avvio il processo democratico. Venne riconosciuto alla resistenza italiana un apporto significativo al buon esito dell’intervento alleato in Europa.
Alcuni tra coloro che parteciparono alla liberazione poi presero parte alla formazione dei primi governi democratici del dopoguerra.
Il 25 aprile fu una giornata davvero importante per l’Italia che però non conobbe ancora pace vera nei mesi a seguire.
LA PARTE MENO NOBILE DELLA VITTORIA
Già durante la resistenza infatti le tensioni in seno ai movimenti partigiani si fecero sentire. In particolare, una forte componente comunista accanto alla lotta antifascista ne stava facendo un’altra, non dichiarata: la lotta di classe.
Nell’immediato dopoguerra alcuni di questi partigiani, che pure ebbero il merito di essere i più numerosi tra le brigate combattenti durante la resistenza, si resero complici di esecuzioni sommarie di fascisti e di loro presunti collaborazionisti (triangolo della morte) o addirittura verso appartenenti a brigate di colore diverso dal rosso (strage di Porzus).
In Europa si faceva sempre più reale lo spettro comunista. Anche in Italia si temeva che si potesse cadere da una tirannia all’altra.
Lo spirito più nobile del movimento partigiano venne così inevitabilmente macchiato.
L’essenza stessa della resistenza venne tradita da questi crimini.
Fortunatamente l’influenza sovietica in Italia non fu così forte da riuscire a trascinare il nostro Paese verso un nuovo baratro che invece inghiottì la Germania dell’Est, la Polonia, la Romania, l’Ungheria, la Cecoslovacchia.
QUESTO IL NOSTRO APPROCCIO
Ancora una volta abbiamo voluto ricordare il passato, come antidoto contro l’oblio, come unica difesa dal pericolo della ripetizione.
Il 25 aprile non può essere una festa di parte ma è una giornata di Unità di tutti gli italiani e il simbolo della resistenza italiana è il Tricolore.
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